Un Approccio Funzionale

Il primo decisivo passo da compiere per arrivare ad una valutazione corretta è decidere se il paziente dovrà essere trattato tramite un approccio convenzionale (cioè patologico-strutturale) o se dovremo usare un approccio secondo i principi della patologia funzionale.

E’ a questo punto necessario sottolineare gli aspetti fondamentali che ci possono essere da guida.

  1. Il primo ed essenziale obiettivo nella classificazione e nella valutazione è quello di accertare se abbiamo a che fare con una patologia principalmente strutturale o disfunzionale.
  2. La Funzione (fisiologia) è vera e reale così come lo è l’anatomia (patologia strutturale).
  3. La patologia degenerativa può essere definita obiettivamente sia nella sua localizzazione che nella sua natura. La Funzione è il risultato della correlazione e del gioco reciproco di un’intera catena di differenti strutture a varia localizzazione.
  4. Anche dove esiste già una patologia strutturale è possibile l’esistenza di alterazioni funzionali che possono essere la causa di una sintomatologia clinica.
  5. Il quadro clinico è in genere correlato principalmente con le alterazioni funzionali, molto meno con la patologia strutturale. Molto frequentemente, infatti, la degenerazione anatomica non si rende manifesta fino a quando non viene ad essere compromessa la corretta funzionalità. I cambiamenti nella Funzione da soli, invece, possono causare cambiamenti clinici molto evidenti, e questo in totale assenza di ogni patologia strutturale.
  6. Per la stessa ragione, anche una degenerazione chiaramente diagnosticata può essere clinicamente irrilevante (ernia del disco alla TAC, spondilolistesi, scoliosi, ecc. ecc.), mentre la disfunzione, che può essere normalmente diagnosticata solo con l’esame clinico, può essere di importanza fondamentale.
  7. Se noi abbiamo indirizzato i nostri sforzi terapeutici verso la logica della patologia strutturale, dobbiamo essere consci che la nostra terapia potrà facilmente fallire in molti casi. Al contrario anche nel caso in cui le alterazioni degenerative siano importanti, potremo migliorare le condizioni del paziente se miglioreremo la Funzione – e questo è esattamente quello che deve essere fatto in riabilitazione. E’ comunque necessario essere consci dei propri limiti, che esistono.
  8. L’obiettivo della valutazione strutturale è quello di localizzare esattamente la lesione e di determinarne la natura (principio di localizzazione).
  9. L’obiettivo della valutazione funzionale è quello di determinare la catena patogenetica e di valutare la correlazione e la rilevanza di ogni anello che la compone (principio olistico).
  10. Nell’alterazione strutturale il meccanismo di produzione del dolore è legato alla natura ed alla patologia di quel singolo caso. Se, al contrario, è la Funzione ad essere alterata, il meccanismo di produzione del dolore è principalmente dovuto all’aumento della tensione nei tessuti come risultato della disfunzione.
  11. Nelle condizioni causate da alterazioni strutturali, in caso di successo della terapia, questa dovrà essere continuata fino alla regressione, in caso contrario si dovrà riprendere la decisione di intervenire chirurgicamente.
  12. Nelle condizioni causate dalla disfunzione, in caso di successo della terapia dovremo probabilmente decidere di trattare un altro anello della catena patogenetica. Se riscontriamo di dover ancora trattare la stessa lesione dovremo allora considerare per prima cosa la possibilità che esista un’altra lesione più importante che noi non abbiamo visto o che abbiamo sottovalutato in prima istanza. E’ da considerarsi di routine il trattamento che cambia ad ogni seduta.
  13. Nella patologia strutturale il successo è raggiunto tramite una cura efficace (farmacoterapia) o se possibile con la chirurgia. Nela disfunzione il successo dipende dalla corretta scelta di quello che è l’anello (o l’insieme di più anelli) più rilevante all’interno della catena in quel momento.
  14. Da quanto è stato detto consegue che l’approccio funzionale è molto più difficile. Possiamo paragonare la patologia all’ hardware e la disfunzione al software dell’apparato locomotore.
  15. Chiunque tratti, quindi, la disfunzione solo sul punto in cui il paziente avverte dolore. è un perdente – o meglio lo è il suo paziente.
  16. Essenso le alterazioni funzionali reversibili per loro natura, possiamo aspettarci che, se adeguatamente trattate (e se il caso non è troppo complicato), risentano immediatamente dell’effetto del trattamento dando l’impressione di una “cura miracolosa” (che comunque può essere prevista).
  17. Arrivare ad una corretta relazione tra causa ed effetto non presenta, in genere, molti problemi nel caso di alterazioni strutturali. Al contrario, la disfunzione può essere causata anche da cambiamenti molto piccoli. Quella che in origine poteva essere la causa primaria, può diventare in un secondo tempo secondaria e viceversa. Il dolore cronico, qualsiasi sia la sua origine, produrrà alterazioni nei patterns motori o stereotipi, i quali, a loro volta, potranno essere causa di disfunzione, alimentando così il mantenimento del dolore nel tempo. La restrizione cronica del movimento articolare ed i punti trigger possono disturbare la motilità delle fasce che, di nuovo, produrrà restrizione articolare e TP.
  18. I metodi di indagine statistica sono molto utili nelle patologie ben definite e dovrebbero essere raccomandati solo per questi campi di applicazione. Sono molto più difficili da applicare nelle alterazioni funzionali. Analizziamo a questo proposito la metodica di trattamento; per prima cosa dobbiamo ricordarci che le stesse condizioni cliniche (per esempio una cefalea) possono essere il risultato di una lunga catena di numerosi disturbi, e che la rilevanza di ciascuno di questi cambia continuamente nel tempo. La terapia consiste nel trattare con successo un anello per volta, quindi non è corretto ripetere lo stesso trattamento nel tempo. Se la sintomatologia persiste, si deve rivalutare il paziente e quindi trattare un altro anello della catena (quello più rilevante al momento). Nel caso in cui il paziente migliori solo in un secondo tempo, non significa che il primo od i primi trattamenti siano stati inutili. Tutto questo è molto difficile da valutare attraverso la statistica.
  19. Il fattore psicologico è importante in ogni paziente, a causa della sua influenza sul sistema nervoso autonomo, basti pensare allo stress. Nella disfunzione, la psicologia è parte della catena patogenetica, essendo l’apparato locomotore organo del movimento volontario, l’esecutore dell’attività mentale. Questa è un’ulteriore conferma del perchè il dolore sia il sintomo più costante, e del perchè la tensione ed il rilasciamento giochino un ruolo così decisivo. E’ quindi necessario rilevare di quanto, in ogni caso clinico, il fattore psicologico sia importante e come questo possa riflettersi sul trattamento.
  20. La moderna tecnologia ci rende capaci di diagnosticare le alterazioni strutturali molto più efficacemente (anche nel caso siano irrilevanti) ed anche di renderle oggettive. Nella disfunzione la tecnologia è in genere di scarsa utilità, anzi si può considerare d’ostacolo. La valutazione clinica rimane decisiva. C’ è da dire che, purtroppo, questa è considerata a tutt’oggi come “soggettiva”.

 

Karel Lewit, Manipulative therapy in rehabilitation of the locomotor system

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